sabato 26 aprile 2014

Champagne Beaufourt: just an emotion

In Champagne region there are hectares of vineyards. Most of them are of course the place where the most popular and international brands grapes are produced. Those magnificent Maison need for sure to be visited, for your personal culture. But to really understand the Champagne soul you need to step into the small villages out from Epernay and Reims giants. You need to knock the door of one of those intimate winemakers whose priority is still passion over business. And that's why I get to know Beaufort, an organic and byodinamic Champagne producer since 1969 when André (the "pioneer") discovered to be allergic to all synthetic products used in wine growing and decided to go towards a 100% natural approach using also aromatherapy and homeopathy principles. Going back to my experience I frankly remember such a genuine atmosphere on that August sunny day that I will never forget that long and at the same time quick wine tasting in the Beaufort simple "farmer kitchen". We set down at the table with another Italian guy owner of a restaurant in Milan who was there when we knocked the door. We tasted something like 10 Champagnes of different years (vintage ones) and I promise that even if it was in the morning and even if my stomach was totally empty I didn't have any sort of effect, being such a natural product. André son (Jacques) was so nice in explaining us about those wines despite of the language barrier (no French from our side, no Italian or English on his side :) ) and it was so evident his pure love with what he does every single day that words were not even necessary, just emotions in the air. The grapes grown by Beaufort family are Pinot Noir (to produce Blanc de Noirs) and Chardonnay (Blanc de Blancs). They own 6.5 hectares both, part in Polisy and part in Ambonnay,
If I had to summarize the impression I got from his wines I would say that at the nose they are very mineral and fragrant, the perfume is not aggressive. Then, when it opens, you can smell very delicate fruits and flowers. The wine is sparkling but not exploding, its "bubbles" are very elegant and "polite". The taste is really special: at the beginning it's very fresh, slightly sour. Then it opens as it did with my nose, it's less shy and it reveals all its power!

There is only one defect in this wine: you would never stop drinking it!





mercoledì 23 aprile 2014

Giamaica coffee : The "Espresso" as a form of "expression"

Today I had the honour to visit this “historical” coffee producer (all toasting process takes place there) from Verona. Born in 1947 and passed on to the following generations. Giamaica coffee is at the same famous and a “dark horse”.
Famous because its coffee beans are those used in the most popular Michelin stars restaurants (like Le Calandre of Max Alajmo, just to give you an idea), both in Italy and abroad. It’s sold only to professional customers and not to private consumers who can only use the “moka” version available in some selected and often organic shops…
That’s the reason why you feel almost honoured when the owner, Gianni Frasi, allows you a visit, being certain that you hav already tried his coffee before and that you are well aware what you have in front of you.
A “dark horse” because Giamaica coffee it’s not advertised at all..NO to the web page, NO to the dedicated business fairs, NO to social media and social network, NO to whatever form of publicity. Because they can…
When you start the visit you realize that the company “headquarter” nothing else is than a private apartment. As a first step the son of Frasi illustrates you the full toasting process which takes place in an unique equipment, not obtainable any more in the market: a Victoria machine. It toasts at direct flame 60 kg of beans, each of them staying at direct contact with the flame for around 15 minutes. Not a longer and not a shorter time lapse because this is the optimal timing to keep the coffee nature (which can be good but also bad). The toasted beans become of a brown colour, defined as a monk robe and are left resting for at least 48 hours. What an extraordinary smell.

After having carefully observed the toasting process you are put through the mill by Giovanni Frasi, definitely a “character” who with his histrionic manner (and some really cool shoes) captures your attention (almost hypnotizing it) and after long and deep explanation of coffee philosophy makes you try a coffee he personally prepares with a Faema machine of ’60 ages, giving birth to a perfect Espresso coffee made of 1/3 of natural cream within a small espresso cup. Incredibly good, even without sugar.

But remember that there are something like 50 elements (maybe more) that contribute to the creation of such a special coffee and within this elements around 7 depends on the type of cup used.
And last pearl of wisdom: never forget that a mature coffee prepared in a proper way is not exciting but is just invigorating.
And tell George Cloney (testimonial for Italian Nespresso campaign) that capsules (portion-closed) coffee is purely Satanism!


Ho avuto oggi l'onore di visitare questa storica torrefazione di Verona. Nata nel 1947 e perpetratasi attraverso le generazioni successive. Famosa e non famosa allo stesso tempo!Perché?
Famosa in quanto il caffè prodotto viene servito nei migliori ristoranti stellati, italiani e non. E' venduto solo a clientela business e... che clientela...Quindi ti senti quasi onorato quando il titolare, Gianni, ti concede una visita (dopo aver appurato che TU il suo caffè l'hai già provato).
Non famosa perché non è pubblicizzata in alcun modo...NO al sito internet, NO alle fiere del settore, NO ai social network, NO a qualsiasi forma di advertising...Eppure loro possono! Entri in questa sorta di appartamento privato dove per prima cosa il figlio ti illustra il processo di torrefazione che avviene con una macchina UNICA e non più trovabile sul mercato: una Victoria. Lavora a fiamma diretta 60 kg di chicchi, ciascun chicco rimane a contatto 15 minuti circa (valutati ad occhio). Ne più ne meno...perché secondo quanto spiegato e' il tempo ottimale, superato o anticipato il quale, il caffè perde la sua natura, sia che sia buono sia che sia cattivo. I chicchi tostati assumono il cosiddetto color "tonaca di frate" e vengono lasciati raffreddare in modo naturale e riposare almeno 48 ore. Che profumo straordinario! Dopo avere osservato la tostatura passi sotto torchio da Gianni, un personaggio che con il suo modo quasi teatrale (e delle scarpe fichissime) ti cattura nei meandri della filosofia del caffè e dopo averti quasi ipnotizzato ti fa bere un caffè da lui preparato con una macchina Faema del '60 che grazie ad una serie di elementi da' come risultato un caffè espresso che nella tazzina ha ben 1/3 di crema naturale, tutta sua. Incredibilmente buono, anche senza zucchero.
Ma ricordiamoci che ci sono più di 50 elementi (e chi si ricorda il numero esatto...) che concorrono alla creazione di un caffè così speciale e alcuni di questi (tipo 7 mi pare) dipendono dal tipo di tazzina!
Ultima perla: ricordiamoci che un caffè maturo e fatto come si deve non e' un eccitante ma un tonificante!
E dite a George Clooney che le capsule sono satanismo allo stato puro!





martedì 22 aprile 2014

Il cibo degli dei e l'abbinamento col vino

Perchè il cioccolato ci fa star bene? Perchè contiene delle sostanze che stimolano il sistema nervoso ed altre che hanno proprietà anti-depressive ed euforizzanti! E perchè no, così come sosteneva il buon Casanova, anche un pò afrodisiache.

Per i più curiosi un pò di storia: la pianta del cacao fu introdotta in Messico dai Maya nel VII secolo d.C; oggi si coltiva anche in Africa e Asia. Cristoforo Colombo portò per primo il cacao in Europa ma fu solo con Cortez nel '500 che iniziò a riscuotere successo quando le fave da lui importate iniziarono ad essere usate per la produzione del cioccolato in tazza. E chi lo portò in Italia? Ci sono diverse teorie: secondo alcuni Francesco Carletti (scrittore, viaggiatore e mercante italiano), per altri la Curia romana, per altri ancora Emanuele Filiberto di Savoia! E il famoso gianduia?? (mamma che buono): iniziò a prodursi in Piemonte nel 1806 (la pasta di gianduia non i cioccolatini eh!). Le prime tavolette e i primi cioccolatini a inizio '900.

Il mondo del cacao e del cioccolato è un mondo vastissimo. A parlare delle varietà e delle metodologie di produzione ci si potrebbe scrivere o conversare delle ore. 
Come mai vi parlo di cioccolato? Perchè mi hanno regalato delle praline sublimi di una pasticceria/cioccolateria del Lussemburgo (Namur) della quale dicono sia cliente pure il Granduca Enrico.
Ce ne sono al cioccolato fondente, al latte, bianco, croccante e mou, alla fragola. Una tentazione a non finire la scatola il giorno stesso ma ce la farò!
Ma da buona sommelier cosa consiglio per abbinare nel modo migliore delle praline di cioccolato?

Premessa che l'abbinamento cioccolato- vino è uno dei più complessi. La tendenza amarognola del cacao può essere un bell'ostacolo. Dall'altro lato la sua grassezza data dal burro di cacao e la succulenza possono essere compensate da un vino alcolico e sapido (l'alcol disidratando contrasta la grassezza). 
In questo caso vi voglio parlare dell'abbinamento tra praline e vino. Ricordiamoci che una cosa è abbinare al vino un dessert a base di cioccolato (e anche qua si apre un mondo) e una cosa è abbinare al vino delle praline o tavolette dove il cacao regna sovrano (è il vino che si abbina al cibo o il contrario? a voi la scelta!).
Una regola generale è che se la % di cacao è molto molto elevata (90% e oltre) dobbiamo accettare una sconfitta. L'abbinamento diventa praticamente insostenibile. Solo (forse) alcuni distillati o rum possono sostenere la dura prova.
Se il cioccolato è fondente ma non esageratamente amaro si può pensare ad un Barolo chinato o a vini simili. Mano a mano che aumenta la struttura più ci si avvicina a vini come Porto e Sherry, ovviamenti nelle tipologie più morbide e strutturate.
Il cioccolato bianco ha una spiccata dolcezza, è meno aggressivo. Un Erbaluce di Caluso (Piemonte) così come un Recioto di Soave (per rimanere in terra veneta) possono creare un'abbinamento armonico.
Cioccolato al latte? Una Malvasia delle Lipari o alcuni Vin Santo possono sostenere l'abbinamento con delle praline dove il cacao, a differenza del cioccolato bianco, comincia ad esprimere la sua aromaticità!



                                             

lunedì 21 aprile 2014

Magliette happiness

"Le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare".

Questo è una delle celebri frasi di George Bernard Shaw: scrittore, drammaturgo, aforista, linguista e critico musicale irlandese (vi basta?). Peccato che oggi sia diventata inflazionata, tanto da trovarla scritta sulle lavagne e sui siti web di ristoranti, sulle borse modaiole e chi più ne ha più ne metta ...

Ma siamo proprio d'accordo su questa frase? Io aggiungerei "... o fanno ubriacare o svuotano il portafoglio!"... Concetti quest'ultimi che si possono intersecare così come essere uno slegato dall'altro. Ci si può ubriacare spendendo un sacco di soldi con uno Champagne Grand Cru millesimato di chissà quale annata, così come ci si può inebriare comprandosi una borsa costosissima e poi dimenticare l'acquisto pazzo con uno spritz bianco da due euro in un'osteria. 
Ma ci si può anche divertire comprando una di queste "fuorissime" magliette della Happiness che a me piacciono un sacco perchè sono simpatiche ma allo stesso tempo accessibili a tutte le tasche. E ci si diverte un sacco quando si va a comprarle, passando almeno un'ora a guardarle tutte, leggendo le scritte più pazze e trovando quella che più rispecchia la nostra personalità. Queste due mi sono alquanto piaciute:
"Portami rispetto ... e anche uno spritz"
"E' gia' Amore (...a meno che non sia la vodka!)" 
Anche se al posto dello spritz e della vodka io ci avrei messo il vino! E se il vino fosse di una grande annata ancora meglio!


domenica 20 aprile 2014

Cicogna San Martino 2003

"Dalle colline di Gambellara alla tenuta Cicogna, nei Colli Berici, la vigna è vita e il vino rappresenta una scelta di vita": questo è quanto si legge sul sito di questa azienda del vicentino, operante dal 1928 e portata avanti dalle diverse generazioni. Coltivano diversi vitigni: dal prosecco, al recioto, fino al merlot, al cabernet, vin santo, pinot grigio, tai rosso. Ho assaggiato diverse volte il loro recioto ma, ancor prima di diventare sommelier, non ho mai prestato la dovuta attenzione per poterlo descrivere. Differentemente da oggi, giorno di Pasqua, felicemente festeggiata in famiglia, dove la mia attenzione è stata massima :) Ma non pedante! 


Il mio caro papà, orgoglioso di avere una figlia sommelier, ha ben intuito di aprire una bottiglia speciale da sorseggiare in abbinamento a delle succulente costicine d'agnello. 

Un Cicogna San Martino del 2003, a base di Cabernet Sauvignon e Merlot. Un vino di grande struttura, con una imponente gradazione alcolica di ben 14,5%. Un colore rosso granato che trasmette subito visivamente le sensazioni che saranno poi confermate al gusto. Un profumo con suadenti note di frutta sotto spirito, di confettura, di marmellata... Una speziatura molto sottile, leggere note di cacao. Un vino vellutato e morbido, con un giusto equilibrio tra durezze e morbidezze grazie ad un tannino "aggraziato" dato dall'evoluzione in legno. 

Un ricordo affascinante di un vino con una sua forte personalità!


      
                                   

sabato 19 aprile 2014

Un vino "profondamente indisciplinato"

Bevo questo fino presa dall'onda di entusiasmo per il vino col fondo. Dicono che sia il vino "di una volta". Viene rifermentato in bottiglia e mantiene sul fondo il deposito del lievito. E' un vino dal colore torbido, un po' velato... Al naso può risultare fruttato-floreale (deve comunque ossigenare bene),  ma dipende molto dall'evoluzione del vino, in quanto il lievito può conferire anche dei sentori "lattici". A mio avviso è comunque un vino che rende di più in bocca che olfattivamente. E' consigliato non scuotere la bottiglia lasciando i lieviti sul fondo, per evitare di accentuare la nota amarognola e la torbidità del vino che finirebbe per sembrare un succo di frutta!Ma i pareri su questo fronte sono moooolto divergenti!
Nei colli trevigiani  si produce dalla fine dell’800, consumato dalle famiglie contadine come vino da pasto. Nel 2014 invece va di moda, sorseggiato tra un messaggio what's up e un post di FB :)
Ieri sera ho assaggiato "Guido indigeno". Un vino fatto in società anche con l'oste Mauro Lorenzon.
A) Mi è piaciuta un sacco la bottiglia, davanti e dietro
B) Mi è piaciuto un sacco lo slogan "ho ri-cominciato a sbagliare da dove mi sembrava più giusto"
C) Mi è piaciuta un sacco la scritta della contro-etichetta "profondamente indisciplinato", tanto da dedicargli il titolo del mio post :) Forse perché anche io mi sento così
Mi è piaciuto un sacco il vino, un glera della vendemmia 2012. Meno aggressivo del Sambin per il mio palato. Un po' meno "rustego" un po' più elegante ma comunque sempre un vino "col fondo"!
Condivido le foto.

giovedì 17 aprile 2014

Vino col fondo? Solo se usi le scarpe senza tacchi!

La dedizione per il lavoro a contatto con la natura e per le sfide: quella di produrre un vino senza compromessi, naturale, capace di parlare allo spirito e sedurre il palato. Questo è il vino di Marco Sambin.
 "Docente di Psicologia  a Padova, Sambin ha coltivato questa scienza seguendo le avanguardie internazionali, portandone a Padova il pensiero, formulando teorie nuove, formando generazioni di psicoterapeuti. Coltivando però sempre nel suo cuore l’intimo desiderio, poi realizzato, di dedicarsi anima e corpo alla terra, di sporcarsi le mani fra le zolle in quel gesto antico che prelude al germinare della vita. La vite era nel suo destino". Straordinario ma vero! E chi se ne intende di psiche non può che intendersene perfettamente di vino un elemento così complesso, quasi quanto la mente umana!
Sambin è un'azienda che produce con metodo biodinamico, dove ogni fase di lavorazione è fatta esclusivamente con l'apporto manuale. I Love it!
Martha 2011 è una fresca Garganega sui lieviti frizzante. Colore aranciato, gusto deciso che entra in bocca invadente. Il lievito si sente eccome per cui deve piacere il vino col fondo.
Ottimo in una serata tranquilla per rilassarsi in modo easy-going.


Vino socialmente utile

E' un vino fresco e minerale. Con aromi floreali e fruttati non spinti, molto soft. Dietro ad un'etichetta molto semplice e colorata ci sta una filosofia legata a forti valori etici: quello del rispetto dell'ambiente ma soprattutto della valorizzazione delle persone disabili. Il loro motto è "la solidarietà è il motore del nostro fare". Questa cantina, definita "fattoria sociale", si impegna attivamente per sostenere e integrare nel mondo lavorativo le persone diversamente abili, devolvendo parte del ricavato all'associazione Filo di Seta, nata per volontà di Osvaldo e Luisa Tonello, genitori di un ragazzo gravemente compromesso nel linguaggio verbale, ma capace di esprimere attraverso un computer la sua reale, quotidiana lotta per assaporare la vita.
Il vitigno base di questo vino e' il Vespaiolo. L'uva Vespaiola viene chiamata così perché il suo succo è particolarmente amato dalle vespe. Il vitigno è di origine ignota, forse meridionale, forse francese, importato a Breganze dai nobili vicentini per soddisfare i gusti dei veneziani nei loro soggiorni nelle ville vicentine.
In bocca e' molto fresco per via della sua acidita' ma ha comunque una buona struttura tanto da reggere l'abbinamento con il baccalà alla vicentina ma anche con il crudo di pesce.
Come l'ho bevuto io? Non mi sovviene cosa stavo mangiando per dirla tutta ma so per certo che mi ha lasciato un bel ricordo.

mercoledì 16 aprile 2014

Visita alla cantina Borin

Sono stata in visita presso questa cantina sabato scorso in occasione di una visita del'AIS con i ragazzi che stanno frequentando il I livello del corso. Conosco personalmente uno dei due figli e l'impressione che mi aveva trasmesso in precedenza è stata riconfermata dal fratello, dal padre e dalla madre: una famiglia pulita, semplice e genuina. Persone che amano il proprio mestiere, pacate e in grado di trasmettere con le parole serenità ma allo stesso tempo denotano una grande professionalità.
Dove si trova l'azienda: i suoi vigneti si estendono sui colli Euganei, nella località Monticelli di Monselice. Hanno circa 40 ettari di terreno dove coltivano le uve Serprina, Pinot bianco, Chardonnay, Manzoni bianco, Moscato giallo Fior d'Arancio, Merlot, Cabernet Sauvignon e Franc (quest'ultimi tre per dar vita al loro taglio bordolese).
Il padre è docente presso l'Università di Agraria (non ricordo sinceramente le competenze specifiche) e quando in mezzo ai vigneti ti racconta le metodologie di coltivazione e le tecniche utilizzate per combattere le malattie della vite ti perdi...Parla troppo tecnico, non ne sono all'altezza... Quello che mi piace è che lavorano con una filosofia a basso impatto ambientale, in un "terroir" favorevole alla coltivazione della vite sia per il microclima che per le condizioni dell'acqua e dell'aria.
Abbiamo assaggiato un Moscato fermo a base di Moscato Giallo. Quest'ultimo è un vitigno molto antico la cui terra di origine pare essere situata nei territori della Georgia e dell’Azerbaijan o forse in altri paesi dell’Asia Minore come la Siria e l’Anatolia. Il nome “giallo” venne attribuito a tale varietà intorno al 1910 dal conte Marzotto, in quanto le uve mantengono il tipico colore giallo anche a maturazione molto avanzata.
Ha dei profumi molto intensi, tra i quali quelli della frutta a polpa gialla matura e il profumo della zagara (il fiore dell'arancio). Al naso ricorda un pò i vini alsaziani . Ideale per un aperitivo alternativo.
Abbiamo poi assaggiato uno Chardonnay profumato ma con meno intensità. Lo sapevate che questo vitigno pare sia nato da un incrocio spontaneo tra una vite "pre-addomesticata" ed un vitigno proveniente da quella zona che oggi corrisponde a Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro e Albania? E pensare che io credevo fosse tutto francese.
Abbiamo poi assaggiato un taglio bordolese molto giovane, quindi un vino di media struttura adatto per carni rosse ma non certo per brasati o preparazioni più strutturate.
Infine un moscato fior d'arancio spumante, molto molto dolce e con basso tenore alcolico. Si sposa bene con dolci a pasta lievitata come focacce, colombe e panettoni...Non è il mio genere ma comunque scende con piacere!
Che dire… tra i quattro vini io ho preferito il primo, il moscato giallo secco.
Ma non completamente soddisfatta a fine visita quando ormai tutta la ciurma se ne era andata mi sono fermata a chiaccherare con il padre il quale mi ha fatto assaggiare il Serprino, vino da vitigno tipicamente autoctono, l’uva Serprina, progenitrice del Prosecco. Ha un sapore molto fresco e frizzante!




venerdì 11 aprile 2014

Serata delle scoperte

Serata delle scoperte personali e culinarie. Dopo un aperitivo molto alternativo una cena in questo ristorante nel cuore del paese di Marcon chiamato La Osteria. Tradizione e rivisitazione. Ricette originali con ingredienti tradizionali. Da provare la ventresca di tonno con peperoni e pomodorini disidratati. I dolci sono sperimentali. Io ho provato una crema di ricotta con asparagi dolci e sorbetto di pompelmo. Azzardato? Forse!

Il Verdisio di Gregoletto col fondo e' dissetante. Non mi ha lasciato ricordi, profumi o aromi. Solo un po' di amaro in bocca nel senso letterale e non metaforico del termine! Abbinamento giusto? Forse vista la serata ci stava qualcosa di più morbido!

giovedì 10 aprile 2014

Viaggio, pistacchio e vino

Just to say something about my trip....Questo blog ormai quasi abbandonato a causa di impegni di lavoro e di un ritmo di vita frenetico rimane un angolo per raccogliere quegli appunti di viaggio o per ricordare qualche piatto mangiato o cucinato. Sono stata a Varsavia per un business meeting e sono stata a cena in un ristorante molto posh (si chiama Concept) . Non è il genere di locali che mi piace frequentare solitamente ma devo dire che cibo e servizio non erano male. Inoltre la buona compagnia e un goccio di vino (un Sauvignon dell'azienda Zidarich, molto buono) smussano gli angoli a qualsiasi imperfezione. Ecco qua la foto di un dessert che ha chiuso in bellezza la serata e che ho trovato molto delicato ma allo stesso tempo accattivante. Una leggera cheese cake con (mi sapeva di) gelato allo yogurt, data la vena acidula, contrastato da una soffice crema al pistacchio e da una spolverata di cacao amaro. Excellent!
E da sommelier ed appassionata di vino non posso non spendere alcune parole sull'azienda, che tra l'altro ho conosciuto sabato scorso a Vini veri, manifestazione sui vini naturali a Cerea.
Immersa nel tipico terroir del Carso è un'azienda familiare nata nel 1988 e nel corso degli anni si è sempre più spinta verso l'innovazione cercando oltre tutto di valorizzare i vitigni autoctoni (che io prediligo) provenienti da un territorio non così "docile", con moltissima roccia e poca terra rossa che richiede continui sforzi e continue risorse. Vitovska, Malvasia, Terrano, Merlot, Sauvignon sono i vitigni coltivati con una predilezione per quelli tipici locali.
In fiera ho ovviamente provato la loro Vitoska, la Malvasia e il Terrano mentre durante la cena di Varsavia si è chiaramente optato per un classico Sauvignon, versatile e "familiare" a tutti i palati.

mercoledì 9 aprile 2014

Aperitivo GIALLO con ribolla spumantizzata

Il tema di questo post e' il giallo! Lo vedrete dalla foto!Lo so direte, non c'entra nulla col vino, ma questa foto scattata questa estate mi place molto!
Questa sera sono andata a fare un veloce aperitivo con un amico che non vedevo da molto tempo. Un amico speciale, il mio migliore amico. Siamo andati in una delle osterie del centro trevigiano.
Non amante del solito prosecco ho optato per una ribolla spumantizzata, brut. Composto al 100% dal vitigno ribolla gialla, autoctono delle zone del Friuli e della Slovenia.

Una scoperta per me, essendo questo vitigno solitamente vinificato non in purezza ma insieme ad altri, quali il tocai friulano e la malvasia istrana.
Decisamente un vino fresco dotato di una buona acidità, aromatico al punto giusto. Al naso note floreali molto fini ma anche crosta di pane. 
Ho preso un calice quindi non ho avuto modo di curiosare la bottiglia e il locale era abbastanza pieno per rompere le scatole ai camerieri. Credo fosse un Sirk!

       

sabato 5 aprile 2014

Il re dei formaggi

Ieri sera ho assaggiato per la prima volta in vita mia il Castelmagno d'Alpeggio del presidio Slow Food, un formaggio stagionato (almeno 4 mesi) di latte vaccino con minime aggiunte di latte ovino o caprino.
E' un formaggio unico nel suo genere. Il suo sapore forte non ti aggredisce. E' pazzesco come sia deciso ma delicato allo stesso tempo, forse anche per la sua friabilità.
Mi sono incuriosita e sono andata a vedermi un pò di storia: pare che l’'800 sia stata la sua epoca d’oro: il Castelmagno diventa il re dei formaggi piemontesi e compare nei menu dei più prestigiosi ristoranti di Parigi e Londra. Poi inizia la decadenza: con le guerre e lo spopolamento della montagna, il Castelmagno rischia seriamente di scomparire.
Oggi il Castelmagno in commercio è spesso prodotto in caseifici di valle ma ci sono ancora malgari che lavorano il latte delle proprie vacche in alpeggio secondo la tecnica antica, riunite nel Presidio Slow Food. Le malghe sono situate a quote superiori ai 1600 metri: qui, la grande varietà e fragranza delle erbe e dei fiori, arricchita dalle graminacee, conferisce al Castelmagno caratteristiche organolettiche di eccellenza.
E io confermo! Da abbinare col miele, è la sua morte.
Quanto al vino? Beh, io l'ho degustato con una buona birra di malto d'orzo, frumento di farro e segale dal sapore fresco ma deciso. Ci sta bene perchè pulisce la bocca e la grassezza lasciata dal formaggio!

venerdì 4 aprile 2014

Cous cous con verdure

E' da un sacco che non scrivo sul mio blog ma ho voglia di farlo per ricordarmi di una ricetta che mi è piaciuta un sacco nonostante la sua semplicità.
Fate soffriggere la cipolla rossa fino ad appassirla...Aggiungete le zucchine tagliate a pezzetti e fatele cuocere fino a quando si ammorbidiscono...Aggiungete quindi il cous cous e del brodo vegetale...Continuate a mescolare e ad aggiungere il brodo. Verso fine cottura arricchite con delle olive nere spezzettate, dei pomodorini secchi e una spolverata di peperoncino! Risultato assicurato con sforzo zero! Ah, scordavo, un goccio d'olio d'oliva prima di servire in tavola. Abbinamento? Io questa volta ho optato per una birra a base di malto d'orzo, frumento di farro e segale. Il giusto connubio tra freschezza e sapore!